domenica 25 gennaio 2015

Recanati (MC) - STORIA DI UNA GRANDE CITTA'

Recanati (Reganati in dialetto locale) è un comune italiano di 21.523 abitanti della provincia di Macerata nelle Marche.

Recanati sorge sulla cima di un colle, la cui cresta tortuosa è quasi pianeggiante, a 296 m s.l.m., tra le valli dei fiumi Potenza e Musone. Il mare Adriatico, oltre il quale quando l'aria è chiara si vedono i monti della Dalmazia, è ad una decina di chilometri ad Est della città. In direzione Nord è visibile il monte Conero che si perde nelle acque e dagli altri lati della città, non chiusa né limitata da prossime elevazioni, si vedono le cime degli Appennini. Le cime dei Monti Sibillini con il monte Vettore e più su il monte San Vicino, lo Strega e il Catria sono ben visibili. Come altri centri marchigiani, anche Recanati è la tipica "città balcone" per l'ampio panorama che vi si scorge: città e borgate sono sparse in gran numero nell'ampia distesa, tra piani, valli e colline.

Un po' di storia

Dell'origine del primo centro abitato di Recanati non si hanno notizie certe. Sicuramente i territori circostanti furono abitati già in epoca preistorica dalla popolazione dei Piceni, diffusi nella regione. In epoca romana, lungo la valle del fiume Potenza, allora navigabile, sorsero due importanti città:
Potentia, in corrispondenza della foce ed Helvia Recina, anche detta Ricina, verso l'interno. A causa dell'invasione dei Goti condotta da Radagaiso intorno al 406 d.C., che misero a ferro e a fuoco la zona, la popolazione cercò rifugio sulle colline. Si ritiene che tanto Recanati quanto Macerata debbano la loro origine a quell'antica città. Il nome Recanati, in latino "Recinetum" e "Ricinetum", indica anch'esso la derivazione della città da Ricina. Recanati poi si andò a poco a poco formando con la riunione di alcuni piccoli luoghi posti sullo stesso colle: il castello di Monte Morello, il castello di San Vito, altrimenti detto Borgo di Muzio, il castello di Monte Volpino e il borgo di Castelnuovo, borgo che in origine sembra si chiamasse Castello dei Ricinati.


Nel XII secolo, sorto il dissidio tra la Chiesa e Federico Barbarossa, Recanati respinse il governo dei Conti che appoggiavano l'Imperatore ed elesse i consoli. La città diventò un Libero Comune. Fu amministrata dai consoli fino al 1203, poi adottò il sistema dei Podestà. Nel 1228 Federico II di Svevia, favorito dai ghibellini, fece guerra al Papa. Recanati, in genere fedele al Papato, scelse di stare con Federico II. Per questo nel 1229 Recanati ottenne dall'imperatore Federico II la proprietà di tutto il litorale, dal fiume Potenza all'Aspio, con la facoltà di edificare un porto (oggi Porto Recanati). Ben presto però i recanatesi tornarono dalla parte del papato. Nel 1239, riaccesosi il dissidio fra il Papa e l'Imperatore, Recanati, unico tra i comuni circostanti ad essere rimasto fedele al papato, diede ospitalità al Vescovo di Osimo Rinaldo, ai Duchi Guelfi e ai Legati Pontifici, costretti alla fuga dalle vessazioni dei Ghibellini. Nel 1240, papa Gregorio IX levò ad Osimo il titolo di Città e sede vescovile, riducendolo a condizione di villa e contemporaneamente dichiarò città il castello di Recanati e lo decorò con la cattedrale episcopale di San Flaviano. Il 1296 segnò un'epoca importantissima. In quest'anno infatti si manifestò che la cappella venerata dentro la chiesa di Loreto, a quel tempo territorio recanatese, era la Santa Casa di Nazaret, portata dagli angeli dalla Palestina. Scrive Monaldo Leopardi nei suoi annali: "Il secolo decimoquarto sorgeva torbido e minaccioso come aveva già tramontato il secolo precedente, e in molte comuni della Marca si vedevano preludi di novità e apparecchiamenti di guerra. Questi segni apparivano principalmente in Ancona, Fermo, Iesi, Camerino, Cagli, Fano, Osimo e Recanati". Fra questi paesi infatti non mancavano discordie che spesso portavano a scontri, a guerre e a lunghi assedi. Per questo nel 1301 il rettore della Marca Piero Caetani fece pubblicare una costituzione che "intimava di non fare sedizione, esercito, cavalcata ne verun'altra mossa", pena forti sanzioni. Nonostante questo negli anni a venire gli scontri furono numerosi e cruenti. Gli anni dal 1311 al 1315 furono fra i più lugubri della storia recanatese. Le fazioni dei guelfi e dei ghibellini ardevano in città sempre con maggior fuoco. Recanati, storicamente legata alla parte guelfa, aveva nel Vescovo Federico e nella sua famiglia un forte sostenitore di quella parte, suscitando gelosia e acredine nell'altra parte. Così nel 1312 alcuni nobili ghibellini recanatesi, sostenuti dal podestà, dai magistrati e da molti consiglieri, assalirono le proprietà del Vescovo saccheggiandole. La Curia generale citò a comparire il Comune e le persone coinvolte, condannandoli al pagamento di mille lire di ravennati, causando così nuovi tumulti. La città cadde in mano ghibellina e vi rimase per due anni resistendo ai diversi assedi, finché Giovanni XXII mandò da Avignone un monito; il rettore della Marca, Amelio di Lautrec, mandò suo cugino Ponzio Arnaldo con ingenti forze, costringendo i ghibellini alla resa. Tutto sembrava tornato alla pace quando scoppiò la congiura: nella notte furono introdotti uomini armati di Osimo, comandati da Lippaccio e Andrea Guzzolini. Sopraffatto il Marchese, fecero prima strage del suo esercito, poi trucidarono i capi guelfi e le loro famiglie, senza risparmiare donne e bambini. Il Vescovo e il clero furono cacciati e chiunque fosse ligio al Papa fu carcerato. Questo costò alla città la scomunica e il trasferimento della sede vescovile a Macerata. Nel 1322 il Marchese Amelio di Lautrec, preso al soldo come suo capitano Fulcieri de Calboli, fece assediare Recanati costringendola alla resa e una volta entrato in città incendiò e distrusse le fortificazioni, le case dei capi ghibellini e il Palazzo dei Priori. Il perdono fu dato soltanto nel 1328, la Sede Vescovile nel 1354. Nel 1393 Bonifacio IX concesse alla Città la facoltà di battere moneta in rame, argento ed oro, da ritenersi valida in tutto lo Stato. Il 13 settembre 1405 il Consiglio Comunale approvava una raccolta ordinata delle Costituzioni, Statuti e Ordinamenti della Città di Recanati divisa in quattro libri stampati col titolo: Diritti municipali, o Statuti dell'illustre Città di Recanati. Questi statuti furono chiesti dalla Città di Firenze come modello per la costituzione di un proprio corpo giuridico. La Repubblica di Recanati fu insignita del titolo di Justissima Civitas dai Priori del Comune di Firenze. Nel 1415 Papa Gregorio XII lascia il pontificato per consentire la conclusione dello scisma d'occidente e viene a vivere a Recanati quale legato e vicario perpetuo per la Marca. Nel mese di ottobre del 1417 morì. Fu sepolto nella cattedrale recanatese di San Flaviano, in cui riposano tuttora le sue ceneri. Fu l'ultimo papa a non essere sepolto a Roma.

Nel 1422, Papa Martino V ordinò che nella già celebre fiera annuale che si svolgeva a Recanati, i mercanti, le merci e i concorrenti, avessero libero e sicuro accesso. Questo rafforzò notevolmente la fiera che contribuì in modo sensibile allo sviluppo economico della città, consentendo di intrecciare relazioni diplomatiche coi principali centri italiani ed europei. Per due secoli Recanati ebbe un ruolo di rilievo negli scambi commerciali dell'Adriatico; nel corso degli anni vi giunsero uomini di lettere, come l'umanista Antonio Bonfini, giuristi, come Antonio da Cannara, e celebri pittori, quali Lorenzo Lotto, Guercino, Caravaggio, Sansovino, Luigi Vanvitelli. In questo clima, nella metà del Cinquecento, una famiglia di scultori, i Lombardi (Aurelio, Ludovico e Girolamo Lombardi), giunsero dalla nativa Ferrara e Venezia per lavorare a Loreto e aprirono la loro fonderia dietro la chiesa di San Vito. Col tempo Recanati divenne un importante centro fondiario. Altri si aggiunsero a loro: Tiburzio Vergelli di Camerino, Antonio Calcagni (padre di Michelangelo Calcagni,scultore), Sebastiano Sebastiani, Tarquinio e Pier Paolo Jacometti, Giovan Battista Vitali. Furono la scuola scultorea recanatese a dare il via alla tradizione di orafi e argentieri che da allora hanno lavorato sul territorio nei secoli successivi. Il 21 marzo 1456 la Beata Vergine apparve miracolosamente ad una giovane albanese di nome Elena. Slavi e albanesi erano presenti in gran numero nelle campagne marchigiane, rifugiatisi qui per sfuggire ai predoni turchi nelle coste dalmate. Nel punto dell'apparizione fu costruita di lì a poco la chiesetta di Santa Maria delle Grazie. Nel 1586 Papa Sisto V elevò a rango di città il castello di Loreto, edificato intorno alla Chiesa di Santa Maria, fino ad allora territorio sotto la giurisdizione di Recanati. Per tutto il XVIII secolo Recanati dovette sopportare aggravi e fastidi per fornire foraggi e vettovaglie ora agli austriaci, poi agli spagnoli e ai francesi. Questo durò fino al Trattato di Aquisgrana (1748).

Nel 1798 la città subì l'occupazione francese da parte delle truppe napoleoniche. La partecipazione ai moti risorgimentali del 1831 costa la vita al recanatese patriota della libertà Vito Fedeli, chiuso in un carcere pontificio. Nel 1848 Giuseppe Garibaldi volle transitare nella città di Giacomo Leopardi per soccorrere Roma, la capitale della Repubblica Romana, a cui Recanati apparteneva. Nel 1860, l'annessione dallo Stato della Chiesa al Regno d'Italia, in seguito alla Battaglia di Castelfidardo, integrò la storia del Comune di Recanati alla storia dell'Italia di oggi. Nel 1893 un tratto di litorale viene scorporato dal territorio comunale per costituire il nuovo comune di Porto Recanati.


Nel 1937 con R.D. n° 1335, convertito nella Legge 2255, viene istituito il Centro Nazionale di Studi Leopardiani, la cui sede era stata progettata da Guglielmo De Angelis d'Ossat. Nel 1968, il politico recanatese Giacomo Brodolini, eletto nelle file del PSI viene nominato Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale nel secondo governo di Mariano Rumor (1968-1969). Da Ministro, introdusse fondamentali riforme nel mondo del lavoro: il superamento delle gabbie salariali, la ristrutturazione del sistema previdenziale e l'elaborazione dello Statuto dei lavoratori sono solo alcune delle iniziative di cui fu promotore. Nel 1990 nasce il Premio Città di Recanati, che poi prenderà il nome di Musicultura. Il Festival si impone come una delle più importanti manifestazioni nazionali di musica d'autore. Nel 2005 il festival si trasferisce allo Sferisterio di Macerata Nel 2008 nasce a l’Artika Festival che propone esposizioni di arte contemporanea, performance e concerti. Il festival, che propose artisti come Hernan Chavar, Nicola Alessandrini, Hotel Nuclear, 7/8 kili, ZAPRUDER filmmakersgroup, Davide Savorani, Carloni & Franceschetti, cessò la sua attività nel 2012. Il festival vide la presenza di musicisti come Turin Brakes, Dente, Bachi da pietra, Ronin, IOIOI, Il pan del diavolo, Above the tree, Der Feuerkreiner, OvO, Uochi Toki, Pitch, Bob Corn, Dadamatto. Nella letteratura fra gli altri sono stati ospitati Paolo Nori e Alessandro Bonino.

Cosa Visitare:

Palazzo Leopardi: è la casa natale del poeta. Tutt'oggi il palazzo è abitato dai discendenti e aperto al pubblico. Esso venne ristrutturato nelle forme attuali dall'architetto Carlo Orazio Leopardi verso la metà del XVIII secolo. L'ambiente più suggestivo è senza dubbio la biblioteca, che custodisce oltre 20.000 volumi, tra cui incunaboli ed antichi volumi, raccolti dal padre del poeta, Monaldo Leopardi.

Piazzetta del Sabato del Villaggio
Piazzetta del Sabato del Villaggio: sulla quale si affaccia Palazzo Leopardi. li vi si trova la casa di Silvia e la chiesa di Santa Maria in Montemorello (XVI secolo), nel cui fonte battesimale fu battezzato Giacomo Leopardi nel 1798.

Colle dell'Infinito: è la sommità del Monte Tabor da cui si domina un panorama vastissimo verso le montagne e che ispirò l'omonima poesia composta dal poeta a 21 anni. All'interno del parco troviamo il Centro Mondiale della Poesia e della Cultura, sede di convegni, seminari, conferenze e manifestazioni culturali.

Palazzo Antici-Mattei: casa della madre di Leopardi, Adelaide Antici Mattei, edificio dalle linee semplici ed eleganti con iscrizioni in latino.

Torre del Passero Solitario: nel cortile del chiostro di Sant'Agostino è visibile la torre, la cui cuspide a cartoccio fu decapitata da un fulmine nella metà del XIX secolo, resa celebre dalla poesia "Il passero solitario".

Chiesa di Santa Maria di Castelnuovo (XII secolo), è la chiesa più antica di Recanati ed è appartenuta ai benedettini di Fonte Avellana. Nella lunetta del portale bizantineggiante vi è un bel bassorilievo del Mastro Nicola Anconetano firmato e datato 1253, raffigurante la Madonna in trono con San Michele e San Gabriele. L' affresco raffigurante la Madonna con Bambino che si trova all'interno è attribuito a Pietro di Domenico da Montepulciano.

Chiesa di San Francesco (XII secolo, rimaneggiata XVIII secolo).

Castello di Montefiore: costruito nel Basso Medioevo, si trova al confine con Montefano. Il Castello a pianta poligonale con quattro corpi in muratura ed è sovrastato da un'alta torre quadrilatera con merlature. Nelle epoche successive subì notevoli opere di ampliamento.

Chiesa e chiostro di Sant'Agostino (XIII secolo) fu costruita assieme al convento degli Eremitani di San'Agostino nel 1270 e rifatta un secolo dopo assieme alla cattedrale. Il portale in pietra d'Istria (1485) è di Giuliano da Maiano, mentre l'interno fu rifatto alla fine del XVII secolo su disegno del Ferdinando Galli da Bibbiena, con pale realizzate da Pomarancio, Pier Simone Fanelli, Felice Damiani e residui di affreschi di Giacomo da Recanati. Vi sono poi opere di Antonio Calcagni che qui è sepolto.

Caserma dei Carabinieri (XIV secolo): A Recanati ha sede una delle caserme più antiche di tutta l'Arma dei Carabinieri. Essa si trova all'interno del complesso conventuale di Sant'Agostino. Assegnata all'Arma dopo l'assorbimento del suo territorio nel Regno d'Italia nel XIX secolo, pur con interventi di ristrutturazione operati da Ferdinando Bibbiena nel ' 600, la caserma ha conservato le originali forme trecentesche. Con l'arrivo dei Carabinieri Reali un altro progetto di ristrutturazione del complesso previde l'allestimento della caserma al primo piano mentre il piano terreno e l'interrato furono destinati a carcere mandamentale.

Chiesa di San Vito: l'attuale edificio fu costruito su un'antica chiesa romanico-bizantina e trasformata nelle forme attuali nella metà del Seicento su disegno di P.P. Jacometti. Nel 1741 il terremoto danneggiò la facciata che fu rifatta su disegno del Luigi Vanvitelli, in cotto e con le colonne a spirale bicromate. Della primitiva costruzione tre-quattrocentesca all'esterno conserva l'impianto absidale ed una torre campanaria incompiuta. Nella cappella adiacente (inizio navata a destra) c'è l'oratorio con la tela del Pomarancio raffigurante la Presentazione al Tempio, due tele piccole di Pier Simone Fanelli, e l'Assunta del Latre. Di notevole valore anche le tele di Felice Damiano da Gubbio (1582), di Giuseppe Valeriani (1550) e Paolo de Matteis (1727).

Concattedrale di San Flaviano (XIV secolo): La porta principale è posta sulla fiancata laterale, non ha una facciata e il vasto interno è a tre navate con bellissimo soffitto a cassettoni in legno. Ad esso è annesso il Palazzo Vescovile e le ex-Carceri. All'interno della Cattedrale vi è il sarcofago di Papa Gregorio XII ivi sepolto e il Museo Diocesano.

Chiesa di San Pietrino (XIV secolo): la facciata è forse del Vanvitelli. La Chiesa è della Confraternita degli Orti.

Chiesetta della Madonna delle Grazie (1456): la chiesa fu costruita sul luogo in cui si dice comparisse la Beata Vergine ad una giovane albanese di nome Elena. La chiesa e gli affreschi di Giacomo di Nicola da Recanati che vi si trovano richiedono un urgente restauro.

Chiesa di San Domenico (XV secolo) il portale del 1481 è di Giuliano da Maiano. All'interno si trova il San Vincenzo Ferreri in gloria 1513 di Lorenzo Lotto

Chiesa di Santa Maria di Varano (XV secolo): la chiesa e l'annesso convento furono costruiti per i Frati Minori Osservanti a spese dell'allora vescovo di Macerata e Recanati, il forlivese. Era chiamata anche "Chiesa degli Zoccolanti" dal nome "popolare" dei Frati Minori Osservanti, ossia Frati "zoccolanti" (oggi unificati nell'Ordine dei Frati Minori). Parte dell'allora convento divenne nel 1873 il pubblico cimitero, nel quale oggi vi è sepolto B. Gigli. La Cappella di San Diego fu fatta eseguire da Don Diego Zapata. Vi sono poi due tele di Pier Simone Fanelli, San Francesco e San Lorenzo da Brindisi e un Sant'Antonio di Marino Pasqualini. L'altare ligneo è del XVII secolo.

Palazzo Venieri: fatto costruire dal cardinal Venieri su disegno di Giuliano da Maiano, che diresse anche i lavori di costruzione. Situato a cavallo delle mura urbiche, era concepito a metà fra residenza e castello urbano. La corte rinascimentale, porticata su tre lati presenta colonne in pietra d'istria e raffinati capitelli con lo stemma cardinalizio. Aperta ad ali sul paesaggio collinare, seguendo un modello che ritroviamo spesso in opere rinascimentali marchigiane, presenta un arco-balcone che si affaccia sul mare sopra il quale spicca un orologio con la scritta "volat irreparabile tempus". A Recanati Giuliano sperimenta la soluzione che poi ripercorrerà nella sua villa di Poggioreale per Alfonso d'Aragona a Napoli. Nell'agosto del 1479 la morte del cardinale pone fine ai lavori del palazzo che rimane così incompiuto. La loggia dei Mercanti di Macerata risulta essere realizzata con materiali di recupero del Palazzo Venieri di Recanati. Furono ospiti di questo palazzo due papi, Paolo III nel 1539 e Pio VII nel 1814.

Palazzo Mazzagalli: apparteneva originariamente ai Massucci della Stella. Deve il suo disegno o a Giuliano da Maiano o a Luciano Laurana.

Chiesa di Santa Maria di Montemorello (XIII secolo): detta anticamente de Platea fu rifatta completamente nel 1581 quando vennero i Gesuiti a Recanati. La chiesa subì ancora radicali trasformazioni all'inizio dell'Ottocento ad opera del Brandoni. All'interno sono conservate una tavola datata 1580 di Durante Nobili da Caldarola, allievo di Lorenzo Lotto e una pala d'altare attribuita a Pier Simone Fanelli (XVII secolo).

Chiesa dei Cappuccini: fu costruita col convento nel 1618. All'interno un quadro della Madonna di Loreto del Pomarancio e una tela attribuita al Caravaggio (La Madonna dell'insalata). Sul piazzale di fronte fu eretta una stele in travertino con ceramiche di Arturo Politi e Rodolfo Ceccaroni.

Chiesa di San Filippo Neri (XVII-XVIII secolo)

Chiesa di San Michele (XVIII secolo) La primitiva risale al 1234, ma fu rifatta nel 1783 su disegno di Carlo Orazio Leopardi.

Chiesa di Santa Maria dei Mercanti (XVIII secolo): è per questa chiesa che fu dipinta l'Annunciazione del Lotto, ora trasferita al Museo Civico Villa Coloredo Mels.

Palazzo Masucci della Stella: costruito su edifici trecenteschi su disegno del Can. Carlo Orazio Leopardi.

Palazzo Carancini (1719): il disegno del palazzo è attribuito ai Bibbiena.

Porta Marina: costruita nel 1782 in occasione del passaggio di Pio VI dall'architetto vanvitelliano Francesco Maria Ciaffoni (1720-1802). Il busto bronzeo del Papa fatto dal Giuseppe Valadier e le iscrizioni in oro furono depredate dai francesi. Lo stemma dei Braschi fu invece abbattuto nel 1860.

Teatro Giuseppe Persiani: inaugurato nel 1840, fu voluto fortemente dal gonfaloniere Monaldo Leopardi. La sala disegnata da Tommaso Bandoni presenta la curva a ferro di cavallo e quattro ordini di palchi. Il boccascena è architravato, sorretto da binati di paraste decorate culminanti in coppie di mensoloni a modiglione. L'apparato decorativo venne dipinto dai sangiorgiesi Saverio Basili ed Eusebio Basili; il plafone, raccordato con lunette dipinte a Trompe l'oeil, venne affrescato dal riminese Marco Capizucchi e poi rinnovato nel 1870 dai Recanatesi Luigi Basvecchi e Lorenzo Urbani; la scenotecnica venne curata dal maceratese Gaetano Ferri; le scene furono fornite dal celebre pittore e scenografo faentino Romolo Liverani.

Teatro de' Nobili: realizzato da Giovanni Albertini.

Piazza Leopardi e Palazzo comunale: il neoclassico Palazzo Comunale costruito alla fine dell'Ottocento in occasione del I centenario della nascita di Giacomo Leopardi è situato nella piazza che prende il nome del poeta. L'Aula Magna al suo interno è stata decorata dall'architetto Gaetano Koch (autore anche del palazzo della Banca d'Italia a Roma). All'interno del Comune anche il Museo dedicato a Beniamino Gigli, in cui sono conservati abiti di scena, documenti e dischi del grande tenore. Al centro della piazza il monumento dedicato al poeta di Giorgio Panichi e una bella torre ghibellina (Torre del Borgo) sui lati della quale spiccano il simbolo della città scolpito da Jacopo Sansovino, lo stemma della città di Fermo (XIII secolo) regalato a Recanati in segno di alleanza, il bassorilievo bronzeo di Pier Paolo Jacometti e un orologio il cui quadrante è in pietra bianca risalente al 1562.

Beniamino Gigli
Tomba di Beniamino Gigli: all'interno del cimitero cittadino troviamo il sacello gigliano realizzato a forma di piramide e con interessanti iscrizioni. Sul colle di Montarice, invece, svetta come una bianca vela la villa del tenore (arch. Florestano Di Fausto), immersa in un ampio parco.

Insediamento di Fontenoce: gli scavi condotti nel 1984-1985, 1992, e 1997-1998, hanno individuato un abitato riferibile ad una fase avanzata del neolitico (VI millennio a.C.)

Necropoli di Fontenoce - Area Guzzini: gli scavi condotti dal 1992 al 1997, hanno portato alla luce un'importante necropoli eneolitica costituita da 20 tombe a grotticella artificiale (IV millennio a.C.). In zona sono stati trovati anche degli abitati.

Necropoli Cava Koch: necropoli eneolitica (IV millennio a.C.).

Contrada "Valle Memoria": la "memoria" indica di solito il luogo dove erano sepolti i martiri cristiani durante i primi secoli. Vicino alla chiesetta detta "Ottaviani" (in territorio che è proprietà della Santa Casa, nei pressi del ponte sulla strada Regina) c'è tuttora una fonte d'acqua viva, detta "Fons Episcopi", dove un antichissimo vescovo e alcuni cristiani furono condotti e martirizzati durante le persecuzioni romane. Il vescovo ed i martiri provenivano dalla città di "Potentia" che sorgeva alla foce dell'attuale fiume Potenza.

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