domenica 8 novembre 2015

Aiutare gli altri, significa spesso "arricchire sè stessi"?

 Una famosa storiella recita così:

“Un uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese:
Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l'Inferno.
Dio condusse l’uomo verso due porte.
Aprì una delle due e gli permise di guardare all'interno.
Al centro della stanza, c'era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola, si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. L'uomo sentì l'acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall'aspetto livido e malato. Avevano tutti l'aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po', ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non potevano accostare il cibo alla bocca.
L'uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze.
Dio disse: - Hai appena visto l'Inferno.
Dio e l'uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l'aprì.
La scena che l'uomo vide era identica alla precedente. C'era la grande tavola rotonda, il recipiente colmo di cibo delizioso che gli fece ancora venire l'acquolina. Le persone intorno alla tavola avevano anch'esse i cucchiai dai lunghi manici. Questa volta, però, le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo.v L’uomo disse a Dio:
- Non capisco!
- E' semplice - rispose Dio - dipende solo da un'abilità. Essi hanno imparato a nutrirsi gli uni gli altri mentre gli altri non pensano che a loro stessi.”

Spesso la natura umana spinge gli uomini ad essere egocentrici ed egoisti…chiunque vorrebbe veder realizzati i propri desideri, ma il fare di tutto, concentrando tutti gli sforzi e le energie sulla soddisfazione dei propri bisogni, porta spesso alla solitudine….

E’ invece donando agli altri il meglio di sé che si diventa “ricchi”…che si cresce, ci si migliora…..e non parliamo di grandi gesta o di cose impossibili!!Spesso è solo una parola, un sorriso, una carezza sul cuore a fare la differenza!Esserci per qualcuno nel momento del suo bisogno, è il dono più grande che potremmo mai fargli! Anche quando questo significa soffrire un po’ insieme a chi soffre….perchè poi quella sofferenza di oggi sarà la gioia di domani insieme a chi gioisce!

Forse è proprio vero, in fondo, che “chi aiuta gli altri, aiuta sé stesso”!

Uno spunto su cui riflettere…

(Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».


RIFLESSIONE di
Pbro. José MARTÍNEZ Colín
(Culiacán, Messico)

Oggi, il Vangelo presenta Gesù come Maestro, e ci parla del distacco che dobbiamo vivere. Un distacco, in primo luogo, dell'onore o il riconoscimento proprio, che certe volte cerchiamo: «Guardatevi (…) ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. » (cfr Mc 12,38-39). In questo senso, Gesù avverte del cattivo esempio degli scribi.

Distacco, in secondo luogo, delle cose materiali. Gesù loda la povera vedova, allo stesso tempo che deplora la falsità degli altri: «Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece [la vedova], nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12,44).

Chi non vive il distacco dei beni temporali vive pieno di sé stesso, e non può amare. In questo stato d'animo non c'è "spazio" per gli altri: né compassione, né pietà, né attenzione verso il nostro prossimo.

I santi ci danno esempio. Ecco qui un fatto della vita di San Pio X, quando era ancora vescovo di Mantova. Un commerciante versò calunnie contro il vescovo. Molti dei suoi amici gli consigliarono di denunciare giudizialmente il calunniatore, ma il futuro Papa rispose: «Quel povero uomo ha più bisogno di preghiera che di punizione». E non lo accusò, ma pregò per lui.

Ma non finisce qui la storia. Dopo un tempo a quel commerciante gli andarono male gli affari e dichiarò il fallimento. Tutti i creditori lo perseguitarono fino a lasciarlo senza niente. Solo una persona venne in suo aiuto: il vescovo di Mantova, che, in forma anonima, gli fece mandare una busta con denaro al commerciante, facendogli sapere che il denaro proveniva dalla Signora più misericordiosa, cioè, dalla Nostra Signora del Perpetuo Soccorso.

Vivo veramente il proprio distacco dalle realtà terrene? È il mio cuore vuoto di cose? Può il mio cuore capire i bisogni degli altri? «Il programma del cristiano -il programma di Gesù- è quello di un “cuore che vede”» (Benedetto XVI).

sabato 7 novembre 2015

Dare con gioia


"La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; 10 amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore." (Rm 12, 9 - 11) Con queste parole, l'apostolo Paolo esorta i Romani ad evitare ogni sdolcinatura dell'amore e ad aborrire, nell'esercizio della carità, ogni forma di doppiezza e di ipocrisia. Fuggire il male con orrore equivale anche a non rendere il male compartecipe del bene che si compie per mezzo della vanità e del narcisismo. L'amore è incompatibile con l'egoismo e non cerca il proprio interesse (1 Cor 13). Dare in elemosina qualsiasi cosa è in ogni caso utile e lodevole e qualunque sia la loro provenienza (sempre che non sia di natura illecita) doni ed elargizioni vanno accolti sempre con gioia e con spirito di riconoscenza. Tuttavia le ragioni del dare possono essere tante e non sempre legittime e attendibili. E' possibile infatti donare agli altri semplicemente per pura ostentazione di false virtù o per esibizionismo gratuito; come pure è possibile dare per ragioni di interesse personale o per motivi di propaganda politica e ideologica, anche religiosa, come quando si regalano oggetti o si fanno favori allo scopo di ottenere consensi elettorali o di guadagnare adepti per un nuovo credo. Si può dare agli altri per presunzione o per vanagloria o semplicemente per liberarsi da persone importune quando vengono a mendicare. E c'è anche chi da' aspettandosi di ricevere lauti contraccambi. E' altresì fin troppo facile donare agli altri il superfluo di quanto si possiede, elargendo in elemosina solo quello che non comporterebbe per noi rinuncia o sacrificio alcuno. Ridicolo poi aiutare il prossimo con il denaro o con gli averi che non ci appartengono.

venerdì 6 novembre 2015

È triste vedere preti e vescovi attaccati ai soldi!

Vescovi e sacerdoti vincano la tentazione di “una doppia vita”, la Chiesa è chiamata a servire, non a diventare "affarista". E’ uno dei passaggi dell’omelia mattutina di Papa Francesco a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha messo in guardia dagli “arrampicatori, attaccati ai soldi” che fanno tanto male alla Chiesa.


Servire, servirsi. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia su due figure di servi, presentate dalla Liturgia odierna. Anzitutto, la figura di Paolo che “si è donato tutto al servizio, sempre” per finire a Roma “tradito da alcuni dei suoi” finendo poi “condannato”. Da dove veniva la grandezza dell’Apostolo delle Genti, si chiede il Pontefice? Da Gesù Cristo e “lui si vantava di servire, di essere eletto, di avere la forza dello Spirito Santo”.
Era il servo che serviva, ha ribadito, “amministrava, gettando le basi, cioè annunciando Gesù Cristo” e “mai si fermava per avere il vantaggio di un posto, di una autorità, di essere servito. Lui era ministro, servo per servire, non per servirsi”:
“Io vi dico quanta gioia ho, io, che mi commuovo, quando in questa Messa vengono alcuni preti e mi salutano: ‘Oh padre, sono venuto qui a trovare i miei, perché da 40 anni sono missionario in Amazzonia’. O una suora che dice: ‘No, io lavoro da 30 anni in ospedale in Africa’. O quando trovo la suorina che da 30, 40 anni è nel reparto dell’ospedale con i disabili, sempre sorridente. Questo si chiama servire, questa è la gioia della Chiesa: andare oltre, sempre; andare oltre e dare la vita. Questo è quello che ha fatto Paolo: servire”.
Nel Vangelo, ha ripreso, il Signore ci fa vedere l’immagine di un altro servo, “che invece di servire gli altri si serve degli altri”. E, ha sottolineato, “abbiamo letto cosa ha fatto questo servo, con quanta scaltrezza si è mosso, per rimanere al suo posto”.
“Anche nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E’ triste dirlo, no? La radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo: servire, essere al servizio di, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi. E la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri”.
Due immagini, ha ripreso Francesco: “Due immagini di cristiani, due immagini di preti, due immagini di suore. Due immagini”. E Gesù, ha ribadito, “ci fa vedere questo modello in Paolo, questa Chiesa che mai è ferma", che "sempre va avanti e ci fa vedere che quella è la strada”:
“Invece quando la Chiesa è tiepida, chiusa in se stessa, anche affarista tante volte, questo non si può dire, che sia una Chiesa che ministra, che sia al servizio, bensì che si serve degli altri. Che il Signore ci dia la grazia che ha dato a Paolo, quel punto d‘onore di andare sempre avanti, sempre, rinunciando alle proprie comodità tante volte, e ci salvi dalle tentazioni, da queste tentazioni che in fondo sono tentazioni di una doppia vita: mi faccio vedere come ministro, cioè come quello che serve, ma in fondo mi servo degli altri”.

Lc 16,1-8 I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.


In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare".
L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua".
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta".
Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».

giovedì 5 novembre 2015

Lc 15,1-10 Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte.


Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.